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Donne ed emancipazione femminile: il caso cubano
Pubblicato il 30/03/2016
Le donne cubane durante il periodo pre-rivoluzionario a Cuba avevano raggiunto uno status più rispettabile nei confronti degli uomini, rispetto alle donne di qualsiasi altro paese dell’America Latina, con la possibile eccezione di Argentina e Uruguay.
Per quanto riguarda i diritti politici, conquistarono il diritto al voto già nel 1934. Tra gli stati latino-americani, solo le donne dell’Uruguay, del Brasile, dell’Ecuador ottennero il diritto di voto in precedenza. I tassi di aborto (spesso fatto in casa) e divorzio era tra i più alti di tutta l’America Latina. In materia d’istruzione, la percentuale di studentesse, dai cinque ai quindici anni era quasi pari a quella di studenti di sesso maschile.
Secondo il censimento svoltosi a Cuba nel 1953, la percentuale di maschi analfabeti (26 per cento) superò quello delle femmine analfabete (21 per cento). Dentro l’America Latina solo Argentina e Cile avevano i più alti tassi di alfabetizzazione femminile (rispettivamente 85 per cento contro il 79 per cento). Ovviamente, situazione ben diversa e più critica era quella delle donne rurali ed afrodiscendenti: destinate all’ analfabetismo, alla povertà ed all’ assenza di tutele e servizi igienico-sanitari adeguati. Per quanto riguarda le posizioni nel lavoro e il ruolo nello stato sociale, le percentuali di donne cubane che lavorano fuori casa, che frequentano la scuola, e che praticano il controllo delle nascite superò le percentuali corrispondenti in quasi tutti gli altri paesi dell’America Latina.
La Costituzione Cubana del 1940, fu una delle più progressiste nell’emisfero occidentale per quanto riguarda lo status delle donne, vietava la discriminazione sulla base del sesso e dichiarò un dovere, da parte dei datori di lavoro, la parità di retribuzione a parità di lavoro.
Susan Kaufman Purcell ha attribuito lo status relativamente più elevata delle donne cubane pre-rivoluzionarie, rispetto alle donne nella maggior parte degli altri paesi dell’America Latina, a tre fattori. In primo luogo, la Chiesa Cattolica ebbe un ruolo minore nella colonizzazione di Cuba e rimase meno potente e influente nell’isola che in tutto il resto dell’America spagnola. Le tradizioni patriarcali della Chiesa, specialmente nel XIX secolo, tendevano a subordinare le donne e limitarle alla gravidanza e a tenere i figli in casa. Una tale influenza fu più debole a Cuba, che nei paesi latino-americani confinanti. In secondo luogo, a differenza di molti altri paesi dell’America Latina, Cuba non sviluppò un sistema dominante d’hacienda, sistema che sottolineava l’ autorità patriarcale tradizionale. Piuttosto, le piantagioni cubane impiegarono una forza lavoro salariata. Questa struttura agricola generò un ruolo più indipendente e più forte per le donne nella società. Infine, la prossimità economica dell’isola verso gli Stati Uniti, influenzò sostanzialmente la cultura cubana. I costumi sociali nord-americani, che sono stati sessualmente più egualitari rispetto a quelli di gran parte dell’America Latina, influenzarono in modo indicativo i costumi sociali cubani, specialmente nelle aree urbane.
A dire il vero, la società pre-rivoluzionaria mantenne determinate disuguaglianze estreme tra i sessi, in particolare tra le classi economicamente più svantaggiate. Ovviamente, le più sfavorite restarono le donne rurali poiché vivevano in segregazione, tra dure e interminabili giornate di intenso lavoro nei campi ed in famiglia, e non avevano contatti con la cultura e l’ economia nord-americana, una stile di vita che influenzò unicamente la borghesia cubana dei centri urbani. Nonostante i diritti legali ottenuti dalle donne, relativamente avanzati, le donne pre-rivoluzionarie raramente ottennero importanti incarichi pubblici e politici di una certa responsabilità. Quasi tutte le donne pre-rivoluzionarie, in politica o in uffici pubblici, si trovavano relegate principalmente in ruoli subordinati.
Inoltre, anche se Cuba fu meno influenzata dalla Chiesa Cattolica ed è sempre stata socialmente egualitaria, rispetto agli altri stati latinoamericani, la struttura familiare cubana resta inevitabilmente autoritaria e patriarcale, come parte dell’eredità ispanica dell’isola. Perciò, nella struttura famigliare, è sempre il padre ed il marito a detenere l’ autorità su moglie e figli. Questo era particolarmente vero nelle zone isolate, nelle aree rurali, che comprendevano oltre il 43 per cento della popolazione. All’interno della famiglia cubana prevalse un doppio standard: le donne dovevano essere “buone” e dimostrare fedeltà indiscussa a compagni e mariti, pur consentendo, anzi incoraggiando, l’infedeltà degli uomini. La società cubana ha insegnato giovani e ragazzi a dimostrare il loro machismo: un concetto latino di superiorità maschile e aggressività, dimostrata da virilità, forza, fiducia, coraggio, e il potere. Per quanto concerne le ragazze, invece, ci si aspettava che fossero gentili, attraenti, e servizievoli.
Prima della Rivoluzione, la maggior parte dei cubani credeva che il posto della donna fosse esclusivamente la casa e la famiglia. In pratica, esclusivamente le classi superiori concedevano alle donne la sicurezza necessaria per concentrare tutta la loro attenzione alla famiglia, le donne della classe media tendevano ad emulare questo ideale, per quando possibile. Mentre le donne delle classi povere erano costrette a lavorare in condizioni di degrado e pericolo, spesso anche trascurando i loro figli. Entro la fine del 1940, tuttavia, la società cubana aveva accettato l’idea che le donne benestanti e delle classi medio-alte potessero scegliere di lavorare, anche in assenza di bisogno finanziario, a condizione che il lavoro si svolgesse in “ambiente professionale o burocratica rispettabile”. Mentre le donne delle classi inferiori, mentre erano a lavoro, le loro figlie più grandi lasciavano la scuola per sorvegliare i fratelli più piccoli. Ciò contribuì a un alto tasso di abbandono scolastico tra le ragazze.
Senza dubbio, le donne pre-rivoluzionaria a Cuba, conservarono una posizione inferiore nella forza lavoro. Nel 1943, per esempio, le donne compresero solo il 10 per cento della forza lavoro. Dieci anni dopo la cifra aumentò del 13,7 per cento. Da allora in poi crebbe costantemente, anche se lentamente; nel 1956 raggiunse un 14 per cento e nel 1959 un 17 per cento. Anche se notevolmente sottorappresentate in posti di lavoro importanti e dirigenziali, le donne hanno, di fatto, rappresentano circa il 46 per cento dei professionisti e semiprofessionisti a Cuba. Naturalmente, il 60 per cento di queste donne lavorava in settori tradizionalmente femminili come l’infermieristica e l’insegnamento. Nel 1957 le donne riempirono oltre il 48 per cento dei posti di lavoro nel settore dei servizi. Circa un quarto delle donne che lavoravano sono state impiegati come domestiche. Infatti, oltre il 90 per cento di tutti i lavoratori domestici erano di sesso femminile. Meno del 3 per cento delle donne cubane, però, lavorava in industrie agricole, nella pesca, e nei trasporti.
Tuttavia, nel 1956/57 le donne cubane ebbero più sicurezza nel lavoro e più stabilità rispetto agli uomini e sono state meno colpite dalla disoccupazione. Alla vigilia della rivoluzione, il numero di donne nella forza lavoro si trovò in costante aumento, così come il livello di coscienza politica e sociale.
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