Simona e Alassane (a cura di Martina Mazzucchelli) 

Nel 1996 Simona e Alassane sono una coppia strana: lei bianca, lui nero, quando la gente li vede per strada, li guarda perplessi. 23 anni e due figli dopo sono ancora insieme, uniti dalla curiosità reciproca: Alassane partecipa alle cerimonie in Chiesa, ammira il Papa, sa cucinare italiano; Simona ama andare in vacanza in Senegal, viverne le tradizioni e imparare qualche parola nella lingua locale.


Prima di conoscerlo Simona ha viaggiato molto anche con le sue amiche, alla scoperta di quella diversità culturale che tanto la affascina, eppure il caso ha voluto che incontrasse la sua metà a due passi da casa. Generoso, avventuroso, di ampie vedute, Alassane è proprio come lei. Non a caso mi ha detto “sono fortunata”.

Come vi siete conosciuti?   

Ci siamo conosciuti ad una festa dove avevamo amici in comune.
Ci siamo fidanzati nel 1996 e ci siamo sposati in Senegal in una moschea, niente di formale, ma solo
una forma religiosa, per lui. In seguito, ci siamo sposati anche in Italia. I primi anni la gente era un
po’ restia, ci guardavano un po’ perplessi. Adesso, anche se a Bergamo sono ancora un po’ chiusi,
noto che la gente si è abituata.


È arrivato qui nell’89 e nel 2000 ha preso la cittadinanza italiana. È un uomo di ampie vedute,
quindi non ho mai avuto nessun problema, lui rispetta le mie usanze, io rispetto le sue.
Anzi, loro possono avere anche avere più mogli: quando ci siamo messi insieme gli ho chiesto di
essere sincero con me, perché non avrei accettato che lui si prendesse un’altra moglie. Mio marito
invece mi ha sempre detto di aver visto molti problemi nelle famiglie allargate, rivalità e gelosie tra
mogli e figli, quindi non avrebbe mai preso una seconda moglie, nemmeno se avesse sposato una
donna senegalese. Insieme facciamo tantissime cose, ci piace viaggiare, se abbiamo l’occasione di andare a vedere un altro Paese, ben venga, anche per conoscere altre culture. Ci piace stare a contatto con altre persone di altri Paesi, abbiamo tanti amici boliviani, ucraini… Andiamo d’accordo con tutti, credo che
rispettarsi sia la cosa migliore, in ogni caso. È bello perché impari tante cose: ti raccontano del loro
Paese, dei loro piatti tipici, a volte noi portavamo quelli del Senegal e loro portavano i loro. Siamo
curiosi di scoprire.

Hai conosciuto i genitori di tuo marito quando sei andata in Senegal? 

No, no perché mio marito ha perso i genitori molto molto presto.
La prima volta che sono andata in Senegal ero timorosa, perché le abitudini e le usanze son diverse,
ma ho trovato una grande accoglienza e apertura da parte dei suoi famigliari. A volte ci sono dei
matrimoni combinati, invece nel suo caso non c’è stato nessun ostacolo; Alassane infatti mi ha detto
“non preoccuparti, perché la mia famiglia è contenta se io sono contento”. Loro mi chiamano spesso, mi mandano dei regali, vogliono le foto dei miei figli. Aspettano il momento in cui noi torniamo per le vacanze per star con noi, quando andiamo là sono trattata veramente come una regina: mi dicono “tu vieni qui, devi solo riposare”; hanno un’ospitalità che non so se esiste in altri Paesi.

Le prime volte che andavo in Senegal i suoi familiari erano un po’ preoccupati, pensavano che io
avessi vergogna a mangiare di fronte a loro. Allora ho detto “se vengo qui è per star con voi, mangiamo tutti insieme quello che c’è, senza problemi”. Da lì loro si sono aperti, infatti mi chiamano “la Simona senegalese”.


Tra poco ci torniamo: prima di partire raccolgo i vestiti che ai miei figli non vanno più ma sono ancora belli e glieli porto, anche le mie colleghe ci danno qualcosa, vestiti, tovaglie… Faccio un carico di roba e li distribuisco a chi ne ha bisogno. Là ci sono dei vicini di casa che mi aspettano, oppure quando vado in giro e vedo qualcuno che è bisognoso gli dico “passa da casa che ti do qualcosa” e loro sono contenti.
Per me ormai è diventato il mio secondo Paese. Abbiamo anche dei progetti, quando i figli saranno grandi e indipendenti e noi saremo in pensione: vorremmo trascorrere là la stagione invernale, e tornare qua d'estate. Là si sta bene con poco, sei felice, non hai tutta la pressione, si è molto più rilassati e si sta meglio. Certo, ci sono ancora delle cose da migliorare, come la mentalità un po’ ristretta, però in Senegal si sta bene.

E invece com’è stato quando l’hai presentato ai tuoi? 

Io a loro ho detto di aver conosciuto un ragazzo non italiano, non sapevo quale potesse essere la loro reazione. Gli ho spiegato chi fosse e grazie a Dio loro hanno una testa abbastanza aperta, mi hanno sempre detto “se tu sei contenta a noi non importa la differenza di pelle, piuttosto che, l’importante è che sia una brava persona e tu ti trovi bene”. E io in effetti stavo bene, non ho avuto mai nessun problema di quello che si sente, perché mio marito era qui già da parecchi anni e si è integrato benissimo.


I senegalesi verso le persone più adulte, i genitori, hanno un rispetto incredibile, quindi mio marito è sempre stato rispettoso. Al punto che quando mio papà abitava sotto di noi, mio marito aveva un occhio di riguardo per lui, lo aiutava, aveva rivisto in lui una figura paterna. Ci vediamo spesso con i nostri parenti, anche in quel senso non ci sono mai stati problemi.

Come ve la gestite con il fatto che siete, oltre che di due culture, anche di due religioni
diverse? 

  
Mi piace festeggiare le loro feste come la fine del Ramadan, il sacrificio dell’agnello. Allo stesso modo insieme festeggiamo Natale, Capodanno, Pasqua, nel rispetto di tutti tranquillamente. Mio marito non crea problemi, non si tira indietro se dobbiamo andare a un matrimonio in chiesa o a qualche altra cerimonia. Mi ha addirittura chiesto di andare al Vaticano, più di così! Lui ha un
rispetto estremo per il Papa, soprattutto per Papa Francesco. Io non mi accorgo di essere sposata con una persona di una cultura diversa: lui ha una religione diversa, ma rispetta il Paese in cui vive. E anch’io rispetto il suo, sono io la prima che gli ricorda di comprare dei regali per la sua famiglia e i suoi nipoti in occasione della fine del Ramadan, per esempio.
Noi abbiamo battezzato i nostri due figli con rito musulmano, è venuto un personaggio religioso e ha detto delle preghiere per dare il nome ai miei figli. Mio marito mi ha detto “se a te va bene, io avrei piacere di fare questa cosa” e io gli ho detto “d’accordo, li battezziamo, però se in futuro, quando i ragazzi diventano grandi, volessero prendere delle strade diverse, lasciamo scegliere quello che è meglio per loro”.  I miei figli sono italiani ovviamente, sono nati qua. Frequentano i ragazzi italiani qui, sono sempre andati all’oratorio, hanno sempre frequentato il CRE… Io li ho trattati come ragazzi normali, perché alla fine lo sono.    Come dicevo prima, i miei figli conoscono le tradizioni di entrambi, anche il cibo lo conoscono benissimo, perché io cucino italiano e mio marito cucina senegalese!

I miei figli conoscono tutto del Senegal, tranne la lingua, non è incredibile? Mio marito ha sempre non ha mai parlato molto nella sua lingua con loro. Questo è stato un danno secondo me, perché quando torniamo in Senegal devono parlare francese e capiscono la metà di quello che dicono le persone. Io quando vado in Senegal, se ci sono delle persone anziane che parlano solo la lingua tradizionale, mi forzo anche solo di salutarle nella loro lingua e loro sono contenti perché vedono il mio impegno.

Ci sono argomenti di cui discutete spesso? 

In realtà no, anche perché mio marito non mi ha mai imposto nulla, nemmeno a livello religioso, mi ha sempre dato piena libertà, quindi non ho mai dovuto scontrarmi con lui. Lui non si è mai intromesso tra le mie vicende familiari e io nemmeno: è una persona riservata, quindi l’ho aiutato, gli ho dato dei consigli, ma non mi sono mai imposta o messa di mezzo. Ci compensiamo, per quello il nostro matrimonio è durato, penso sia dovuto al nostro venirsi incontro, capirsi, aiutarsi. Particolari discussioni con mio marito non ne ho mai avute, neanche sull’educazione dei figli: io mi confronto molto con lui, e lui chiede spesso a me, cerchiamo di decidere insieme ciò che è giusto per loro, troviamo sempre un compromesso. Non vietiamo loro niente, a meno che non sia improponibile o fuori luogo per la loro età, io penso che debbano fare le loro esperienze. Sono contenta se va avanti così, spero sempre che mi diano delle belle soddisfazioni. Io credo che se nasci in una famiglia con delle radici sane, cresci sano e basta.

Se tornassi indietro lo rifaresti?   

Sì certo, sicuramente. Non ho mai pensato “oh, se avessi scelto una persona del mio Paese…” E anche mio marito non ha mai pensato che sarebbe stato meglio avere una moglie del suo Paese, con la stessa cultura. Da parte mia, non penso che mio marito sia diverso, per me è come se fosse veramente un italiano; in realtà non è mai stato un problema per me, anzi, mi sento fortunata perché ho incontrato una brava persona.  Ho conosciuto persone che mi hanno detto “se fosse stato un italiano…” Non so se avrei trovato di meglio sinceramente, mio marito per la famiglia dà tutto, si fa in mille. Non vuole far mancare niente ai ragazzi e a me, piuttosto si toglie qualcosa per darlo a
noi.

Cos’è che ti ha attratto quando hai conosciuto Alassane?  

Forse la diversità. Sono stata un po' affascinata da questa diversità, sia culturale che fisica. Poi sono una persona un po’ curiosa, mi piace sapere imparare dagli altri, ho sempre avuto questo interesse, dello scoprire di altri Paesi; ho sempre viaggiato, anche prima di conoscere lui, fortunatamente avevo un gruppo di amiche e ho fatto dei gran bei viaggi. e sono andata anche per trovare… Sono sempre stata affascinata dell’estero sinceramente… E poi l’ho trovato qui! A Bergamo!

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