Mi chiamo Haregewoin, sono una donna nata e cresciuta a Shashamane (Etiopia) una piccola città, ma molto caotica e con tante diverse culture, etnie, stili e livelli di vita sociale che convivono senza nessun problema. Se c’è una difficoltà l’affrontiamo insieme, allo stesso modo se c’è gioia, insieme saremo felici. C’è molta unione sociale che si basa sopratutto sul rispetto delle persone: se c’è rispetto c’è coesione sociale e convivenza pacifica…” praticamente siamo tutti figli di Dio.”

Qui in Italia molti mi dicono: “sei una straniera, una immigrata”; ma non mi importa quello che la gente pensa di me. Inoltre, nell’essere una immigrata non ci vedo niente di male. Sono contenta di esserlo, ora conosco due culture. Se penso al mio passato, non ero una straniera e nemmeno una immigrata. Ho capito cosa vogliono dire queste due parole quando ho lasciato la mia terra, la mia casa, la mia gente, la mia famiglia. 

Se penso alla mia infanzia i miei occhi brillano e il mio viso sorride, è bello ricordare ogni tanto chi sono e da dove vengo, e come ero. Quando ero piccola mi alzavo dal letto con il canto degli uccelli o del gallo. Andavo a scuola con i miei compagni e con i miei vicini di casa, al ritorno da scuola rientravo da sola! Ero autonoma: da noi è normale. Il pomeriggio giocavo in cortile e si sentivano gli strilli dei miei amici, si giocava o si litigava sempre… è stato bello essere bambina nella mia terra. Mangiavamo tutti insieme, e tutto veniva diviso. A volte capitava che stavi fuori tutto il giorno a giocare e si rientrava solo per andare a dormire, perché magari avevi mangiato da qualche vicino di casa o parente. 

Ricordo che nella mia città tutti i bambini erano visti uguali perché i bambini hanno la mente pura, basta poco per farli sorridere, pensano solo al divertimento. Oggi i bambini, invece, devono avere “tutto” per sorridere. Quando ero adolescente dal lunedì al venerdì la cosa più importante era andare scuola, mentre il sabato e la domenica davo una mano a mia madre per le faccende di casa prima di uscire a giocare. 

Mio padre è un imprenditore e mia madre una casalinga, poi ci sono i miei cinque fratelli. Papà a noi piccoli di casa non diceva mai di no, poteva capitare solo da parte di mamma che arrivassero i no! Infatti, per questo motivo approfittavo di papà. Quando rientrava in casa, noi correvamo a stare a tavola a studiare finché papa ci vedeva, anche solo per far finta di fare i compiti. Sapevamo che se ci avesse visto studiare, potevamo chiedergli qualsiasi cosa. A volte chiedevamo i soldi con la scusa che ci servivano per la scuola, in quel caso riuscivamo tutti ad avere qualche soldino in più. Adesso vedo mio figlio con il grembiule blu, e questo mi fa pensare a me stessa, anche io avevo lo stesso grembiule.

Quanti bei ricordi, ci sono cose che non si dimenticano facilmente, ti rimane per tutta la vita stampato nelle mente il ricordo dell’infanzia e della bellezza dei bambini.

Sono fuori dal mio paese di origine da oltre 25 anni. Oltre la metà della mia vita. Vivo a Roma sono sposata con mio marito “romano di Roma”, e siamo una coppia mista. L’ho conosciuto 18 anni fa. 

Si dice che le donne etiopi siano molto affascinanti e belle; infatti, quando mi ha conosciuto mio marito è rimasto senza parole ;-). In quel momento mi regalò una rosa rossa, e non ci siamo mai separati. Siamo sposati e abbiamo due splendidi figli un maschio ed una femmina. 

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