Proponiamo una delle interviste che la dott.ssa Martina Mazzucchelli ha condotto durante la sua ricerca universitaria. Di seguito la storia di Alessandra e Alieu

Nel cuore di Alessandra l’Africa è vicina, quasi come se fosse casa. Lo è ancor più quando Alieu racconta le sue storie di vita quotidiana, quando viveva in Gambia. Alessandra e Alieu si conoscono in un centro di accoglienza: lei operatrice, lui ospite, si piacciono subito e scelgono di vivere la loro storia, nonostante tutto, nonostante tutti. Ciò che li lega fa nascere un “mondo di mezzo” dove le differenze linguistiche, religiose e culturali si attenuano, dove Alessandra e Alieu si incontrano a metà strada, restando sé stessi.

Come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti nel 2015: lavoravo in un centro di accoglienza e lui era un ospite. Io ero molto spaventata perché avevo iniziato a giugno e noi ci siamo conosciuti poco dopo, quindi ho  pensato “Oddio, adesso vado a dire al capo che mi sono innamorata, che  figuraccia”. All’inizio non ho vissuto benissimo questa situazione, perché pensavo di essere giudicata in maniera negativa dai miei
colleghi, dai miei responsabili, ma poi ho scoperto che non ero la prima persona a cui succedeva, quindi assolutamente non è successo niente. A questo punto io e il capo abbiamo concordato che sarei stata spostata in un altro centro; lui sarebbe rimasto lì, dove aveva tutti i suoi amici e poi se l’avessero spostato gli altri si sarebbero chiesti il motivo. Spostare un operatore è molto più facile.

Cosa ti ha colpito di lui?
Eh… Io sono molto affascinata, sono innamorata dell’Africa in generale, ci sono già stata un paio di volte. Una parte di me secondo me è africana, perché mi sento molto vicina ad alcuni modi di fare, li capisco molto bene e quindi non ho difficoltà a relazionarmi. Questo mi aiuta tantissimo sul lavoro, perché ci sono situazioni che normalmente farebbero arrabbiare, ma non me. Lui si è interessato ai viaggi che avevo fatto in precedenza, perché anche lui ha viaggiato un prima di venire in Italia: abbiamo iniziato a parlare di viaggi, di Africa e… Piano piano ci siamo innamorati. La prima cosa che mi ha detto quando ci siamo visti la prima volta è stata “io sono metà italiano, metà
africano” e lui dice la stessa cosa di me, cioè che io sono metà africana e metà italiana. Quindi penso che sia questo, infatti quando torno dall’Africa sto male, mi manca tantissimo. Ci siamo incastrati, come diciamo noi. Abbiamo creato un mondo nostro che è un po’ un mix tra le mie origini e le sue, come nel caso della lingua che usiamo per parlare: lui non parla bene l’italiano, quindi parliamo principalmente inglese, ma è un inglese che nessun altro capirebbe, perché è un mix di inglese, italiano, il suo dialetto… Abbiamo anche inventato delle parole per definire dei concetti che conosciamo. È una lingua nostra, nessun altro potrebbe capire quello che ci stiamo dicendo! Questo riguarda un po’ tutta la nostra relazione, è un mondo a parte, a volte è strano.

Cosa intendi quando parli di difficoltà della coppia mista?
Da parte dei suoi amici gambiani, o di altri Paesi africani non c’è questa distanza, ma ci sono comunque alcune difficoltà, ti faccio degli esempi: secondo un africano, il fatto che tu sia la fidanzata di un loro amico automaticamente è sinonimo di essere una persona di famiglia. A livello linguistico ad esempio io per i suoi amici sono la loro fidanzata; la stessa situazione l’ho riscontrata lavorando con le donne, che chiedono alla mediatrice “fammi vedere le foto di mio figlio”, riferendosi al figlio della mediatrice, perché di fatto è una vita di comunità e quello che è tuo, è anche mio. Purtroppo, questo dà il diritto ai suoi amici di invadere troppo il mio spazio, che invece per me, essendo italiana, è fondamentale, noi viviamo come individui. Alcuni suoi connazionali sono stati molto gelosi della nostra relazione, perchè lui è un richiedente asilo che si è fidanzato con una ragazza bianca, che ha i documenti e che sarebbe pronta a sposarlo. E questo fa in modo che circolino delle voci nella rete gambiana, non vere, solo per cercare di allontanarci. Oppure al contrario: un gambiano sa che sono fidanzata con un suo connazionale, pensa che quindi potrei stare anche con lui; questo mi ha creato un sacco di problemi, perché io lavoro con uomini richiedenti asilo africani, ho dovuto far capire ai miei ospiti che sono interessata ad Alieu, non ai gambiani in generale. E tutto ciò senza essere troppo esplicita, perché non potrei parlare della mia vita privata. All’inizio quindi è stato difficile, perché sentivo questo giudizio. Successivamente hanno capito che la nostra relazione era seria e rispettabile e hanno fatto un passo indietro; alcuni sono addirittura venuti a chiedermi scusa, a dirmi che non avevano capito la situazione. Questa è una delle difficoltà, ma ci sono state anche delle difficoltà tra me e lui all’inizio, prima di raggiungere questo mondo “ideale” ci abbiamo impiegato del tempo, ci sono stati un sacco di scontri e di litigi, sul modo di vedere la vita, su come progettarne le tappe… Tre anni fa, quando ci siamo conosciuti, lui era appena arrivato in Italia; In quel momento lui già progettava la nostra vita insieme: per un africano la famiglia è fondamentale, progettava di sposarci, di avere un bambino… Avere un discendente per un africano è fondamentale. Io non condividevo queste idee, vorrei fare altre esperienze, con calma. Lui ci ha messo un po’; per capire queste remore nei confronti dei suoi progetti, io cercavo anche di spiegargli che
c’era altro a cui pensare prima, non aveva nemmeno i documenti.

Come siete riusciti a superare queste difficoltà e a trovare un punto in comune?
Abbiamo stabilito dei limiti invalicabili, così che nessuno dei due prevalesse sull’altro; ad esempio io non divento una donna africana; e lui mi ha detto che non pretenderà che io abbracci la sua fede, anche perché io la fede non ce l’ho e non sarà la nostra unione a farmi cambiare idea. Al tempo stesso in futuro, se avremo un figlio, non avrò problemi a farlo avvicinare alla sua religione, come anche tutto il discorso della circoncisione, non c’è nessun problema…

Una veduta dello Zimbawe

Dimmi di più…
I suoi genitori sono persone anziane, analfabete, è assurdo per loro pensare che tu possa non credere in Dio. Essere cristiana non sarebbe un grosso problema, ma lo è mettere in discussione l’esistenza di Dio. Alieu infatti mi dice “quando incontreremo la mia famiglia non esplicitare il fatto che non credi in Dio, perché per loro è impossibile, è semplicemente impossibile”. Io e Alieu prima ne parlavamo molto di più, però non si riusciva ad arrivare ad una conclusione: io ero convinta delle mie idee, lui era convinto delle sue. Era strano anche per lui, come è strano anche per tutti gli altri ospiti con cui lavoro, per loro è inconcepibile. Invece ora io e Alieu siamo consapevoli delle nostre credenze e quindi ognuno va per la sua strada.

Hai avuto contatti con la sua famiglia in modo diretto?
Alieu non ha esplicitato ai suoi genitori il fatto di aver costruito una relazione con me in Italia, perché molto probabilmente inizierebbero a chiedergli dei soldi, perché nella loro mentalità questo significa che Alieu è sistemato, ha una casa, ha un lavoro e una moglie. Temiamo che questo posa fare nascere delle richieste che per il momento non possiamo permetterci, vogliamo evitare che si crei un rapporto un po’; malato, di dipendenza. Loro sanno che io sono qui, che conosco Alieu e che stiamo insieme, ma non sanno assolutamente che abbiamo intenzione di sposarci in futuro.
Alieu mi ha spiegato che per loro avere un figlio in Europa significa molto, al punto che la gente del villaggio ritiene la famiglia fortunata, priva di problemi “tanto tu hai un figlio in Europa…” Se in più il figlio è sposato con una donna europea, la famiglia viene emarginata ancora di più… Suo fratello invece sa più dettagli della nostra unione. Nel tempo lui è cambiato: 4 anni fa, quando Alieu è
arrivato in Italia, lui ne aveva 16, aveva un’idea dell’Europa che non corrisponde alla realtà, tant’è che voleva venire in Europa; Alieu ha cercato in tutti i modi di fargli cambiare idea, perché sono 4 anni che è in Europa, senza alcuna stabilità, senza dignità, una vita orribile. Suo fratello però non gli credeva, pensava che non volesse dividere la sua fortuna con lui. Poi per fortuna suo fratello ha cambiato idea e ha deciso di investire sul suo futuro in Gambia, ha iniziato a lavorare con il padre, che ha un piccolo negozio. Ha cambiato proprio la mentalità, al punto che quando ha saputo che stavamo iniziando le pratiche per sposarci ha messo in guardia Alieu, dicendogli di non sposarsi solo per i soldi, di farlo solo se era davvero convinto.

Come si è evoluto nel tempo il vostro rapporto?
Il nostro rapporto è strano, perché per la maggior parte del tempo non siamo stati insieme. Nel 2015, quando ci siamo conosciuti, Alieu era in Italia era qua, siamo stati insieme fino a maggio 2016. Poi è partito perché gli era stata negata la richiesta d’asilo: a quel tempo io non avevo la possibilità di potergli offrire una casa e un lavoro, quindi non poteva rimanere qui ed è partito. È stato via per tutto il 2017 ed è tornato a marzo 2018. In tutti questi mesi in cui era assente io andavo a trovarlo nei vari Stati in cui era: è andato in Svizzera, poi in Germania, in Olanda, poi è tornato in Germania… Il grande problema è stato quando era via, non faceva nulla tutto il giorno, non parlava con nessuno in tutto il giorno; al contrario, per me era un periodo molto intenso, lavoravo e mi stavo anche laureando; ero molto stanca e non avevo molte energie da dedicare a lui, che invece non poteva fare nulla. Andarlo a trovare ogni tanto non è come stare insieme: c’è la frustrazione dell’essere lontani, sentirsi solo via Skype… Nonostante siamo insieme dal 2015, la nostra vera vita insieme è iniziata a marzo 2018, abbiamo appena iniziato. Al momento la sua situazione non è delle migliori perché non lavora, ha uno stile di vita diverso dal mio: io tutti i giorni vado al lavoro, lui invece tutti i giorni si alza e cerca qualche lavoretto, poi torna e ci vediamo la sera. Io sono sempre impegnata, faccio mille cose, quindi sono un po’ in difficoltà quando mi devo organizzare; lui in questo mi aiuta perché invece è molto organizzato mentalmente, mi crea anche il planning settimanale e mi ricorda gli appuntamenti. Adesso non abitiamo insieme in modo fisso. L’anno scorso, quando ancora non vivevo da sola, è venuto ad abitare a casa mia con i miei genitori. Non è stata l’idea migliore, ma in quel periodo non aveva un posto dove andare, quindi è stato a casa mia per un mese. Non ne sono stata molto felice, non lo sarei stata
neanche con una persona italiana, perché rischiano di modificarsi gli equilibri familiari, infatti non abbiamo più optato per questa soluzione.

È stato un mese a casa tua, quindi ha conosciuto i tuoi genitori…
Si, si. Loro sapevano già di questa relazione, inizialmente è stato molto difficile farlo accettare, per la situazione di vulnerabilità in cui lui si trovava: all’inizio viveva in un centro di accoglienza, poi non più, ha iniziato a girare per l’Europa… I miei genitori all’inizio hanno avuto molta paura. Nemmeno adesso sono molto tranquilli però hanno conosciuto lui e hanno capito che persona è; da quando l'hanno conosciuto meglio, ci hanno aiutato a trovare una soluzione alla sua situazione che non implicasse necessariamente il matrimonio.
Anche Alieu mi ha sempre detto se “Se c’è un qualche modo di ottenere i documenti senza un tuo coinvolgimento, sarebbe la soluzione perfetta”. Innanzitutto, vorremmo evitare voci e pregiudizi sulla nostra relazione, del tipo “ah vi siete sposati per dargli i documenti” e poi perché lui ha il diritto di avere un documento suo, senza che ci sia Alessandra che lo sposi.

Senti già adesso il peso dei pregiudizi?
Si. Non sono precisamente pregiudizi nei miei confronti o nei suoi, ma basati sul fatto che ci sia un matrimonio con una persona senza documenti, penso che sia una cosa abbastanza normale. Anche io ci ho pensato tanto, mi sono chiesta “perché lo sto facendo? Perché mi sto mettendo in una situazione che magari mi creerà dei problemi?” Lo stesso vale per tutti i miei amici e conoscenti, la prima cosa che hanno pensato è stata che ci saremmo sposati perché lui me l’aveva chiesto, così da ottenere i documenti. Io potrò negare all’infinito, però rimarrà sempre quel seme di dubbio. Da parte della sua famiglia in Gambia, so che sarei percepita come la donna salvatrice del mondo, però desidero davvero che ci percepiscano come una coppia normale, che sta insieme, che si sposa forse in futuro, ma perché c’è un sentimento, non per convenienza o per interesse. Non sono una persona che ha sempre desiderato il matrimonio, anche perché io non sono cristiana, non credo nel matrimonio come rito religioso. Però sono arrivata alla conclusione che per noi il matrimonio non
sia il fine, ma un mezzo per arrivare a qualcos’altro. Lo so, per chi crede nel matrimonio sembrerà bruttissimo, so che alcune persone probabilmente ci giudicheranno in maniera negativa, ma non mi interessa, se questa sarà l'unica soluzione alla nostra situazione, faremo questo. Per arrivare a questa conclusione ho impiegato del tempo, perché io ho sempre pensato di non volermi unire a una persona per sempre, mi ha mandato in crisi, me stessa, Alessandra con le sue idee e la sua identità. Fa sempre parte della negoziazione che caratterizza la nostra relazione, anche questo è un piccolo passo indietro che ho dovuto fare per proseguire la nostra storia.
In ogni caso deve esserci un limite, anche Alieu mi dice sempre che quando sono coinvolta nelle situazioni faccio troppi passi indietro dalla mia parte, e non è giusto. Io devo rimanere io. Anche su questo abbiamo lavorato tanto, perché io ho una bassa autostima che rischia di farmi annullare per accontentare l’altro. Alieu mi aiuta, mi dà delle regole che prima non avevo.

Cosa ami di lui adesso?
Io penso che nessuna persona mi conosca come mi conosce Alieu, io invece non sono così brava ad analizzare le persone. Ha avuto modo in questi anni, non so se consciamente o inconsciamente, di studiarmi nei miei angoli più nascosti e quindi io non posso nascondere niente perché lui mi scopre subito, è impressionante, succedeva anche quando ci trovavamo in due Stati differenti. Questo mi piace perché mi permette di essere totalmente me stessa, mi fa sentire accettata per quello che sono.

Quali sono i momenti più belli della vostra storia?
I momenti più belli in assoluto, idilliaci, sono stati quando sono andata io a trovarlo nei vari Stati in cui si trovava. Io amo viaggiare, ero contentissima di andare a trovarlo ogni volta in una città diversa: abbiamo visto la Svizzera, la Germania, l’Olanda, poi la Germania di nuovo… Nonostante tutto nel nostro piccolo ci organizzavamo la giornata, proprio come dei turisti. Però questa non è la realtà quotidiana, era solo una settimana.
Poi mi ricorderò sempre la sua prima volta al cinema, non ci era mai stato e l’ho portato all’IMAX, oppure la prima volta che siamo usciti a mangiare una pizza… I momenti più belli sono le prime esperienze del mondo europeo, perché vivo un’esperienza che per me è normale in un’altra prospettiva.

Cosa amate fare insieme?

In futuro sicuramente viaggiare, nel senso lui non ha mai viaggiato come un turista vero, alla europea. Non so se potremo farlo nel futuro, però se potremo lo faremo, perché ci piace. A me piace moltissimo quando Alieu mi racconta la sua vita quotidiana in Africa, parliamo per ore di una singola situazione; avendo già visitato un paese simile, ovvero il Senegal, mi vengono in mente molte situazioni e quindi riesco ad immedesimarmi, anche perché lui è bravissimo a raccontare. E poi c’è un’ altra cosa… Ho un grande progetto: scrivere la sua storia, da quando è partito, lasciando casa sua, a quando è arrivato in Sicilia. Il mio sogno sarebbe di scrivere un libro sulla sua esperienza. Non so se riusciremo mai a realizzarlo, se si presenteranno le occasioni o le risorse, ma intanto ci proviamo e poi è un tema molto attuale. Sarebbe importante per dare voce a tutti questi ragazzi che partono, senza una meta,
come abbagliati.

Se tornassi indietro lo rifaresti?
Si, è faticoso, cioè è stato faticoso, però sì. Se tornassi indietro adotterei dei trucchi che ho scoperto negli anni lavorando con i richiedenti asilo, per fargli ottenere il documento prima; all’epoca invece avevo appena iniziato a lavorare, non sapevo niente dei richiedenti asilo. Però si, assolutamente, lo rifarei.

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