Se vi chiedessi cos’è una coppia mista, voi cosa mi direste? E, prima ancora, quale immagine apparirebbe nella vostra mente?

Per molti la risposta potrebbe essere riassunta in “un viso bianco, un viso nero”, o tuttalpiù “un viso orientale ed uno occidentale”.

Ma è davvero questa l’essenza di una coppia mista? È davvero questo l’elemento determinante per definire un rapporto come costruito su due storie provenienti da contesti culturali diversi?

Prendo spunto da una suggestione emersa durante un percorso terapeutico da me fatto con una “coppia mista” con cui ho lavorato alcuni anni fa. Fu grazie a questa coppia che mi resi conto di un mio “pregiudizio”, di un’idea automatica che aleggiava nella mia mente e della quale non ero consapevole, o forse non lo ero ancora del tutto.

Alem e Paola sono quella che abitualmente viene definita una coppia mista, e si erano rivolti a me per un problema del loro rapporto, nato quasi dieci anni prima.

Alem, un trentaduenne di origine etiope, era il primo di cinque figli, immigrato in Italia diversi anni prima in cerca di fortuna. La sua storia di migrazione poteva tranquillamente dirsi riuscita: forte dell’appoggio di un conoscente, era riuscito ad inserirsi positivamente nel contesto della grande città del nord Italia in cui era arrivato, trovando rapidamente un lavoro e l’amore: Paola, appunto.

La ragione per cui giungono in terapia non è utile ai fini del nostro discorso, quanto invece lo è la risposta ad una domanda che feci loro nel corso del primo incontro.

Una delle domande di rito che faccio, infatti, alle coppie che seguo, è come il loro legame fosse stato preso dalle rispettive famiglie d’origine, e in questo caso la risposta di Paola – condivisa da Alem – mi lasciò sorpreso.

“Benissimo, perché sa, anche mio padre era stato un immigrato e capiva molto bene che se una persona lasciava il suo paese per venire da noi, era certamente uno che aveva intenzioni serie nella vita: Alem è stato da subito il figlio maschio che mio padre non ha avuto”.

Domando quindi in che senso il padre di Paola fosse stato un immigrato, dato il cognome evidentemente italiano della ragazza, e qui giunse la sorpresa: “sa, dottore, mio padre è salito al nord da un piccolo paesino della Basilicata a metà degli anni ’60… per lui arrivare a Milano è stato arrivare in un altro paese, in un altro mondo. Geograficamente non aveva attraversato dogane, ma personalmente si sentiva in un altro mondo. Lui e mia mamma sì che avevano avuto un po’ di problemi con il nonno, perché sa, ai tempi i terroni non è che venissero visti proprio bene…” aggiunge con un sorriso.

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Siamo al punto: una coppia nata dall’incontro di un etiope e di un’italiana può essere “meno mista” di una coppia nata dall’amore di un ragazzo della Basilicata con una giovane Lombarda? Non inganni il fattore storico (“si sa… la Basilicata degli anni ’60…”): le stesse posizioni possono ritrovarsi ancora oggi presenti, anche per differenze di origine meno accentuate. Ricordo con un certo divertimento il clima goliardico-campanilista che si respirava durante un matrimonio tra una giovane bergamasca ed un giovane bresciano, nella quale il modo di percepire l’altra parte rasentava, seppure in modo gioviale e ilare, il razzismo.

Mi rendo conto di come una conseguenza di questa visione sia di fatto l’estendibilità del concetto stesso di coppia mista a qualsiasi rapporto, per cui ogni coppia, di fatto, può dirsi “mista”, in quanto frutto dell’incontro di storie e culture differenti, spesso anche vicinissime (chi vive in territori “a etnia mista”, come ad esempio alcune zone del Trentino Alto Adige, conosce bene i non sempre facili rapporti tra comunità di lingua diversa, per cui una coppia può dirsi mista perfino se i due partner sono nati e cresciuti sullo stesso pianerottolo, ma da famiglie appartenenti a gruppi diversi).

Ma se ogni coppia può dirsi mista, significa che ogni coppia è mista, si sente mista?

L’impressione che ho, maturata alla luce dell’esperienza clinica e della riflessione personale, è che una coppia abbia la possibilità di sentirsi mista quando le differenze legate al reciproco bacino di provenienza vengono considerate come determinanti nel reciproco modo di definirsi da parte dei due partner, quando cioè sono i due coniugi stessi a dare valore e centralità a questo aspetto della loro storia, costruendo sulle differenze di origine il loro modo di vedersi l’un l’altro.

Quanto maggiori saranno queste differenze, tanto maggiore sarà la probabilità che uno di questi aspetti possa diventare saliente agli occhi di entrambi, favorendo la costruzione dell’immagine di coppia come una coppia mista.

Torno a questo punto della mia riflessione alla domanda iniziale: se vi chiedessi cos’è una coppia mista, voi cosa mi rispondereste? Quale immagine apparirebbe nella vostra mente?

È possibile che l’immagine ora appaia meno nitida, più sfumata.

Come accade quando l’occhio cerca di mettere a fuoco qualcosa che sta oltre quello che vediamo.

Dott. Carlo Boracchi

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